Tasse più alte per rimediare alla malapolitica
Negli incontri che Gianni Chiodi ha fatto in varie assemblee pubbliche per spiegare il suo piano di riordino della sanità abruzzese, prima che gli capitasse tra capo e collo la mazzata dell'ulteriore buco di 360 milioni risalente al periodo 2004-2007, si è molto appellato alla classe dirigente di questa regione, perché mostrasse il grado di maturità e di responsabilità necessari in questi durissimi frangenti. Ha detto con chiarezza estrema che c'è da rimediare ad una gestione dissennata, anzi «scandalosa» che c'è stata della sanità abruzzese, e non ha mancato di addebitare sia al centrodestra che al centrosinistra le pesantissime responsabilità della situazione disastrosa che ha trovato. Non è comunque di questo argomento, cioè del buco che è emerso perché sia la giunta Pace che quella Del Turco hanno distratto i fondi del governo destinati alla sanità in altri capitoli di bilancio (come ha affermato Chiodi), che vogliamo parlare, ma ci interessa occuparci dell'appello alla responsabilità che non ha trovato alcuna accoglienza. Mentre infatti si sta profilando una situazione davvero drammatica per l'Abruzzo, con gli abruzzesi che rischiano di dover pagare altre tasse per rimediare agli scandali di una politica quantomeno incapace, dalla stessa politica continuano ad arrivare dimostrazioni che non si è per niente capita la gravita del momento. Da Guardiagrele si vogliono alzare barricate contro la riconversione del locale ospedale, da Casoli, il sindaco De Luca, dopo il no del Tar alla richiesta di sospensione del piano, ha annunciato il ricorso al Consiglio di Stato. Stessa cosa faranno, presumibilmente, i primi cittadini dei paesi che ospitano ospedali sottoposti alla cura prevista dal Piano di riordino, nel tentativo di mettere sotto controllo la spesa sanitaria. Ora si può certamente criticare il metodo usato dal presidente Chiodi e dalla sua giunta per portare avanti il
Ora si può certamente criticare il metodo usato dal presidente Chiodi e dalla sua giunta per portare avanti il Piano, ma è indubitabile che le reazioni che ci sono state ovun-que si è tentato di cambiare le cose, portando anche numeri e fatti a motivare le scelte, non predispongono di sicuro alla condivisione del cammino da fare. Se ognuno difende il suo orticello, se è il campanile, atavica piaga di questa regione, a dettare legge, non c'è speranza di salvarsi dal naufragio. L'unica allora diventa imporre le scelte che derivano non solo dai conti che non tornano ma da una situazione che vede in Abruzzo l'esistenza di ben 35 ospedali tra pubblici e privati. Così la pensa Chiodi e certi atteggiamenti fanno di tutto per dargli ragione.