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Qualche riflessione sul tema

di Gino Di Tizio

Il senatore Luciano D'Alfonso ha presentato ne giorni scorsi l'"Associazione 358", che prende il nome dall'articolo del codice penale che impone a chi fa le indagini di raccogliere prove anche a favore degli indagati. 

Lo ha fatto in una conferenza stampa nel corso della quale il senatore ha detto che si tratta di un "articolo che richiede una grande cultura delle garanzie" e che l'associazione vuole rendere "istituto di garanzia e di diritto dovuto".

Ne prendiamo atto, ma c'è qualcosa che stona, proprio in rispetto dei principi di giustizia che dovrebbero valere nel paese di Beccaria, che si vanta di essere culla del diritto.

Intanto la domanda da fare è se c'era bisogno di inserire nel codice penale un obbligo che dovrebbe appartenere, senza alcun filtro imposto per legge a chi indaga, che dovrebbe essere semplicemente quello di accertare la verità in tutti i suoi aspetti.

Dice ancora il senatore D'Alfonso che "Questo (comportamento dovuto) non mi risulta sia accaduto sempre", con indiretto ma chiaro riferimento anche a situazioni personali patite.

Ma tutto questo non si concilia poi con l'atto di fiducia pronunciato, sempre dal senatore, nei confronti dell'attuale corso alla Procura di Pescara e alla Corte d'Appello, dove ci sarebbero "alcune grandi bravure oggettive", perché il rispetto della legge e dei diritti dei cittadini non possono essere legati alle singole "brave persone".

E qui dovrebbe tornare in campo il legislatore, come con chiarezza ha detto il presidente della Repubblica Mattarella appena rieletto.

Detto in maniera ancora più chiara il richiamo all'articolo 358 vale una palese dimostrazione di un andazzo inconciliabile con la stessa giustizia, perché evidenzia l'esistenza di una visione dell'azione della magistratura mirata comunque a colpire chi viene imputato, visione che, se davvero esistesse, imporrebbe dalla politica ben diversi interventi che quello di aggiungere un articolo al codice di procedura penale.

Con tutto il dovuto rispetto per l'appena costituita associazione, perché è sempre positivo chiamare in causa, seppure per riflettere sulle cose, i cittadini, quello che c'è ora da aspettarsi dalla politica, di cui il senatore fa parte, sono ora interventi tesi a far si che la magistratura recuperi quella fiducia perduta, rilevata anche dal Capo dello Stato in maniera decisa e inequivocabile, attraverso una riforma che tocchi ed elimini tutti i pesi sbagliati che hanno ridotto la bilancia della giustizia ad un funzionamento che non rispetta le attese dei cittadini ed anche, di questo sono sicuro, di coloro che indossando la toga, come dice il senatore D'Alfonso, hanno quelle "oggettive" grandi bravure che troppo spesso non riescono nemmeno a far emergere, senza una seria e profonda riforma del sistema.

tutti pazzi per la Civita

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